Perché la conservazione della fauna selvatica è una sfida per la salute pubblica
Esiste un legame tra fauna selvatica e salute pubblica, secondo Sharon L. Deem, veterinaria ed epidemiologa allo zoo di Saint Louis. La sua carriera ruota intorno alle malattie condivise tra animali domestici, animali selvatici e esseri umani. "C'è sempre una persona connessa a un animale", ha dichiarato la dottoressa.
La veterinaria Sharon Deem si prende cura degli animali selvatici da molti anni. I suoi pazienti preferiti sono elefanti, giaguari e tartarughe. Nonostante sia specializzata nella fauna selvatica, le capita spesso di occuparsi, più o meno direttamente, anche di esseri umani. Non siamo soli su questo pianeta; tutte le specie viventi sono intimamente collegate e qualsiasi minaccia alla conservazione della fauna selvatica costituisce un pericolo anche per la salute pubblica. A volte, la relazione causa-effetto è chiara e lineare; altre volte, è meno immediata e richiede uno sforzo di comprensione maggiore.
Per la dottoressa Deem e i suoi colleghi questa connessione è fondamentale: nel loro mestiere possono capitare episodi come quelli descritti di seguito.
Patogeni trasmessi dagli animali agli esseri umani
Tra le malattie infettive emergenti per l’uomo, il 75% proviene da animali e il 70% di queste da animali selvatici. Il rapido spostamento di prodotti animali da un punto all’altro del globo rende la trasmissione più facile di quanto non lo sia mai stata in passato. I veterinari sanno che ciascuno dei loro pazienti animali può essere una potenziale fonte di patogeni trasmissibili agli esseri umani: così gli elefanti sono un bacino per la tubercolosi, i lupi e altri carnivori selvatici per la rabbia, i pappagalli per la psittacosi etc. A questo proposito, la dottoressa Deem ha recentemente partecipato a uno studio per individuare i virus presenti nelle popolazioni selvatiche, che ha portato all'identificazione di un nuovo retrovirus (la stessa famiglia che causa l'AIDS negli esseri umani) e di due nuovi picornavirus nei lemuri del Madagascar.
Che mondo sarebbe senza pipistrelli?
Le zoonosi sono un problema enorme, ma non l'unico. Anche senza la trasmissione diretta di un agente patogeno, la perdita di popolazioni selvatiche porta spesso conseguenze per la salute pubblica. La dottoressa Deem ha parlato anche di questo, riferendo il caso della sindrome del naso bianco nei pipistrelli. È una malattia da fungo, responsabile della morte di milioni di pipistrelli negli Stati Uniti e in Canada fino al 2018. Non vi è alcun trattamento per impedirne la trasmissione e alcune specie sono diminuite di più del 90%. Ma perché dobbiamo preoccuparci della sorte dei pipistrelli? Non sono animali particolarmente belli o simpatici, non ci nutriamo delle loro carni e apparentemente non hanno alcun impatto sulla nostra vita o sull'economia ... o forse ce l’hanno. Ogni pipistrello mangia 3500 zanzare ogni notte. "Pensate a Zika e West Nile e a tutti questi meravigliosi nuovi virus trasmessi dalle zanzare ..." ha detto la dottoressa Deem. L'ecosistema è una questione di equilibrio.
Meno avvoltoi…più rabbia?!
A causa di questa connessione, nell’ecosistema possono verificarsi cose piuttosto singolari. Ad esempio, l'uso di un farmaco antinfiammatorio per il bestiame può essere la causa di un aumento dei casi di rabbia tra le persone. È una storia vera, accaduta in India negli anni '90.
Ma come è successo? L'anello mancante è stato identificato in una popolazione di avvoltoi, che ha subito un calo del 90% in India negli ultimi decenni. Gli avvoltoi sono uccelli saprofaghi, che si cibano di carcasse di animali morti, comprese quelle del bestiame: è il loro "servizio all’ecosistema", che assicura il ricircolo di materia e nutrienti. Sfortunatamente, il Diclofenac, un farmaco antinfiammatorio somministrato al bestiame, causa insufficienza renale negli avvoltoi e ha contribuito probabilmente al loro declino. Nessuno ha compreso immediatamente che la scomparsa degli avvoltoi fosse qualcosa di cui preoccuparsi… ma poi sono iniziati i problemi.
La riduzione del numero di avvoltoi ha permesso ad altre specie saprofaghe di prendere il sopravvento: il numero di ratti, cani selvatici e altri carnivori è drasticamente aumentato. Solo che, a differenza degli avvoltoi, loro possono essere portatori di malattie infettive potenzialmente trasmissibili dalle carcasse in decomposizione agli esseri umani, come la rabbia. Ci è voluto del tempo, ma poi si è compreso che la protezione degli avvoltoi era una priorità. Parallelamente, l’uso del Diclofenac è stato vietato in India.
Ciò che emerge chiaramente da queste storie è che un problema di conservazione è spesso un problema di salute pubblica. Tutti nel settore della salute, collaborano per il raggiungimento di una unica salute: la nostra, quella degli gli animali e del pianeta.
Erika Salvatori
Fonte:
https://www.stlmag.com/health/news/a-saint-louis-zoo-vet-links-human-health-to-wildlife/