Coronavirus, chi ha incastrato il pangolino?

Coronavirus

Dopo i pipistrelli, i serpenti e i visoni, ora sotto accusa è il pangolino: potrebbe essere stato questo piccolo mammifero a trasmettere il coronavirus cinese all’essere umano. La ricerca pubblicata sul sito dell’università di Guangzhou mostra che le sequenze genetiche del virus isolato dal pangolino sono uguali per il 99% a quelle del virus che sta circolando tra le persone. Un’ipotesi ancora da confermare, ma che Nature definisce quantomeno plausibile.

È ancora aperta la “caccia” alla specie animale che avrebbe trasmesso 2019-nCov all’essere umano. Come abbiamo appreso nelle scorse settimane, il virus che ha contagiato più di 30.000 persone  e causato centinaia di decessi appartiene al genere dei coronavirus, lo stesso responsabile delle epidemie di Sars e Mers. Anche in questo caso, il nemico è una zoonosi, ossia un’infezione trasmessa dagli animali all’essere umano. I primi contagiati, infatti, erano tutti assidui frequentatori di un mercato a Wuhan che vende animali selvatici vivi, tra cui pipistrelli, rane, ricci e serpenti. La sfida per i ricercatori è quella di ricostruire il percorso del virus, che sarebbe quasi certamente partito dai pipistrelli e passato prima in una specie animale intermedia e poi nell’uomo.

I serpenti sono innocenti

Un percorso ricostruito parzialmente grazie all’analisi del genoma virale, disponibile dai primi di gennaio. Pur essendo simile a quello del virus isolato nei pipistrelli, porta anche i segni della “contaminazione genetica” con un altro virus, ancora sconosciuto. A mancare all’appello, dunque, è la specie intermedia, l’anello di congiunzione tra i pipistrelli e l’essere umano: probabilmente un altro animale tra quelli venduti al mercato di Wuhan. A fine gennaio, una ricerca cinese aveva puntato il dito contro i serpenti, ma era stata prontamente smentita dal resto della comunità scientifica. Alcuni virologi intervistati da Nature avevano sin da subito manifestato i loro dubbi, spiegando che questo virus infetta solo mammiferi e uccelli e che l’adattamento a un ospite della classe dei rettili avrebbe richiesto molto più tempo e una alterazione del genoma che non sembra essere avvenuta.   

La pista del pangolino

Una seconda pista battuta dall’università di Pechino era stata quella del visone, oppure della civetta delle palme (che a dispetto del nome è un mammifero) come ospite intermedio del coronavirus. Ma l’ipotesi più recente “accusa” il pangolino, un piccolo mammifero simile a un formichiere che vive nelle zone tropicali dell’Asia meridionale. Ad inchiodare i pangolini è stata l’analisi delle sequenze genetiche dei virus isolati da questi animali, che somigliano molto a quelle di 2019-nCov (oltre il 99% del loro genoma è identico).

Ma i ricercatori intervistati su Nature esprimono cautela. Lo studio non è stato ancora pubblicato su un giornale ufficiale, ma solo sul sito dell’università cinese di Guangzhou e non nella versione completa. “Abbiamo bisogno di più dettagli – sostiene Edward Holmes, un virologo evoluzionista dell’università di Sidney – ma i dati in nostro possesso dimostrano che il pangolino è portatore di un virus molto simile a 2019-nCov”. E già lo scorso anno i ricercatori avevano identificato nei coronavirus una delle potenziali cause di mortalità dei pangolini, che sono una specie a rischio di estinzione. Ed era anche noto che i recettori dei virus dei pangolini e quelli di 2019-nCov, che il patogeno usa per infettare le cellule, hanno una struttura molecolare simile. “Il pangolino era già considerato un buon candidato per essere la specie intermedia del virus ed è quindi molto interessante che i ricercatori abbiano trovato una sequenza così simile”, afferma David Robertson, un virologo computazionale dell'Università di Glasgow.

Stop al commercio illegale

La ricerca della specie intermedia non è ancora conclusa, ma il pangolino al momento si conferma come il principale indiziato. Si tratta di una specie a rischio di estinzione, decimata dal traffico illegale della sua carne, delle sue scaglie e di alcune sue parti usate nella medicina tradizionale cinese. I pangolini non figurano tra gli animali venduti nel mercato di Wuhan, ma proprio perché il loro commercio è illegale, l’informazione potrebbe essere stata deliberatamente omessa. James Wood, che guida il dipartimento di medicina veterinaria all'Università di Cambridge (UK) riferisce a Focus che «qualunque sia il risultato di queste indagini, lavorare per porre fine al commercio di animali selvatici può aiutare a risolvere alcuni dei rischi a lungo termine associati ai bacini animali delle zoonosi».

Erika Salvatori

Fonte: Nature

 

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